Recensione “Lasciami Entrare”

“Amore significa mettere la propria vita ai piedi di un altro essere umano, e al giorno d’oggi nessuno è in grado di farlo”

Mi trovo parecchio in difficoltà a parlare di questo libro.

Prima di tutto non saprei da dove cominciare a raccontarlo, in quanto, per quel che mi riguarda, non ha una trama granchè lineale; secondo, sempre per quel che mi riguarda, ha più Pro che contro.

John Ajvide Lindquist cerca di avvicinarci a un temi molto particolari, sempre difficili da affrontare, quali bullismo e pedofilia. Oskar, il nostro protagonista, subisce ogni giorno le angherie dei suoi compagni. La situazione è parecchio disagiante a scuola, viene minacciato, provocato, costretto a grugnire come un maiale – dandogli, quindi, del ciccione. Una sera, mentre cerca di accoltellare un albero, sfogando l’impeto “feroce e omicida”, incontra Eli, una ragazza che vive nel palazzo accanto e che appare strana. Quanto strana, Oskar, lo capirà solo vivendo.

Lo ammetto, mi aspettavo qualcosa di più. Quando ho cominciato a leggerlo, speravo fosse davvero una favola horror, delineata da scene di orribile realtà a quelle di orribile fantasia. Mi aspettavo che il rapporto fra Eli e Oskar risvegliasse nel ragazzo l’istinto di sopravvivenza, qualcosa che lo facesse combattere, reagire alle burla dei compagni. Questo succede, ma così in minima parte da non donare quel senso di soddisfazione. Come ho detto, la trama non mi appare lineale. I personaggi sono tanti, ma il problema non sta nella quantità, quanto al fatto che non sono legati o collegati abbastanza da capire cosa centrano loro in questa storia. E questo incide sull’attenzione del lettore, il quale si perde facilmente fra i vari nomi – per altro tutti molto simili fra loro – e i vari accadimenti.

Non agevola per niente, poi, la freddezza con cui l’autore narra la storia. Vero, questo stile un po’ glaciale è quasi una firma per questi autori scandinavi, ma qui mi è sembrato di scontrarmi con un iceberg, nemmeno fossi in Titanic! I dialoghi sono ritmatici – un, due, tre, quattro-unduetrequattro -, appena scanditi da “sì; no; Io…; devi; fai; forza; veloce”. Non sono riuscita a percepire le varie emozioni, se non proprio in casi eccezionali; ma un libro del genere, penso, dovrebbe essere in grado di mutare i sentimenti: dalla rabbia alla desolazione, dalla desolazione alla sconfitta, e dalla sconfitta magari al senso di pace, beatitudine nascosta. Avrei voluto sentire le viscere contorcersi per certi passaggi; e questo non è accaduto.

Per quel che mi riguarda, non riesco a catalogarlo nel genere Horror. Forse una storia un po’ macabra, con quell’accenno che, però, non riesce a formare alcuno shock, nessun battito cardiaco, nessuna palpitazione. Le scene sono tutte un po’ sgranate: esistono, ma scompaiono un attimo dopo, così come sul finale che avrebbe voluto sicuramente più interazione, più colpi di scena. Da lettrice, mi sono sentita come in attesa della scena madre, quella più importante e, sul più bello, qualcuno spegne l’interruttore… e scena sfumata, andata via.

Lasciami entrare è sicuramente un libro da cui avrei preteso molto di più, che mi ha lasciato un po’ di amaro in bocca. Una storia che, visti i temi trattati, avrebbe meritato un approfondimento diverso, sicuramente un po’ di crudeltà in più.

Collaborazione con Solferino – La notte rosa [ Gino Vignali ]

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Titolo: La notte rosa
Autore: Gino Vignali
Edito: Solferino
Pubblicato: 2020
Pagine: 236

Trama:

Sei feriti in una rissa, quattro ubriachi ripescati in mare, solo tre scomparsi: un grande successo per la polizia di Rimini dato che la Notte Rosa, il Capodanno estivo della Riviera che richiama in città migliaia di persone, nella prima sera poteva fare molti più danni. Ma il sollievo dura poche ore, il tempo di registrare un’altra scomparsa: quella della madrina della serata di chiusura, Giulia Ginevra Mancini, la fashion blogger più famosa d’Italia, fidanzata del campione di moto Gp Malcom «the Eagle» Piccinelli, gloria locale e nazionale. Come se non bastasse, poco fuori città vengono ritrovati un’auto crivellata di colpi di kalashnikov e tre cadaveri. I pensieri del vice questore Costanza Confalonieri Bonnet sono più cupi del solito, nonostante qualche telefonata di troppo con un fascinoso capitano di peschereccio le faccia battere il cuore. E anche la sua squadra non è di buon umore: Orlando Seneca Appicciafuoco è costretto a dare brutte notizie a una famiglia di nomadi siciliani, Emerson Balducci è turbato da un tatuaggio cinese di dubbia interpretazione, Cecilia Cortellesi viene costretta a salire su una minimoto. Ma soprattutto, un’indagine che sembrava nata per finta comincia a fare paura davvero.

Opinione Personale

Probabilmente, l’essermi ritrovata a leggere qualcosa che aveva degli antecedenti, non mi ha permesso di entrare in sintonia con i vari personaggi nè con l’autore stesso: mea culpa!
La notte rosa è ambientata a Rimini durante proprio la rinomata festa in cui vengono invitati personaggi illustri, musicali e non: per appunto, quella sera c’è una famosissima Influencer con tantissimi followers: Cecilia Cortellesi. La donna, però, viene rapita il giorno successivo, e sarà compito di Costanza Confalonieri Bonnet, la vice questora, cercarne le tracce.

Come ho già anticipato, prima del La notte rosa vi sono altri due precedenti romanzi in cui, probabilmente, si conoscono meglio i personaggi. Costanza è sicuramente una donna in gamba, ma non sono riuscita a farmela amica – ovviamente metaforicamente parlando.
Trovo lo stile di Gino Vignali molto giocoso, ironico; forse anche troppo, se non addirittura forzato. In certi casi, avrei preferito che vi fosse più sostanza, che i momenti di gelo non fossero riscaldati e messi da parte.
Detto ciò, penso che bisogna apprezzare veramente il genere per leggerlo – ovvero, il giallo piuttosto che thriller – e anche lo stile dell’autore.

Non mi resta che consigliare, anche, di leggere i precedenti, in modo da non trovarsi con personaggi già costruiti e che non danno una chance di presentazione.

Ringrazio la casa editrice per avermi omaggiato la copia digitale e per avermi introdotto nel tuor!

Collaborazione con Solferino – Bugie di Sangue [Nicci French]

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Titolo: Bugie di Sangue
Autore: Nicci French
Edito: Solferino
Pubblicato: 2020
Pagine: 377

Trama:

Una collega affidabile. Un’amica affettuosa. Una madre e una moglie piena di premure. Neve Connolly è tutte queste cose. Un giorno, in un elegante appartamento a Covent Garden, Neve trova un uomo, il suo amante, morto. E non chiama la polizia. Come tutti, Neve commette degli errori. Alcuni sono impercettibili, fatti senza pensarci troppo. Altri sono enormi. Altri ancora sono deliberati. Neve è un essere umano, dopo tutto. Non così perfetto come tutti dicono. Ma gli errori hanno conseguenze. E quando uno di questi si rivela davvero grave, la catena degli sbagli si trasforma in una spirale inarrestabile, fuori controllo, che inchioda Neve alle sue bugie. E mette in pericolo non solo lei, ma le persone che le sono più care. Suo marito. I suoi amici. Sua figlia Mabel, già così fragile, così provata dalla vita. Anche se volesse, Neve non può più tornare indietro. La verità è adesso più pericolosa di una menzogna. Una bugiarda. Un’adultera. Una minaccia. Neve Connolly è tutte queste cose. Ma potrebbe essere anche un’assassina?

Opinione Personale:

Cosa fareste se il vostro amante fosse sul pavimento, privo di vita, brutalmente ammazzato? Neve – donna, madre, moglie e amica perfetta – ha questo problema. Nella sua vita perfetta mai avrebbe pensato di avere un’amante, specialmente non avrebbe mai pensato di dover togliere tutte le tracce che seminano un collegamento con lei.

In Bugie di Sangue, ciò che sicuramente è palpabile è l’ansia della povera protagonista, le paranoie; si può sentire il sudore dietro il collo, sulle tempie, i pensieri che scoppiano al centro della fronte, le mille domande che sono come fuochi d’artificio.
E’ costretta a mentire, ma quelle bugie diventeranno come una grossa treccia da sbrogliare. Pezzo dopo pezzo, vengono fuori dei piccoli tasselli di puzzle che, una volta composto, daranno vita ad una strana verità.

Mettersi nei panni di Neve, vivere la sua esperienza, le sue paure – specie quella di essere scoperta – fa vivere al lettore un’esperienza da cardiopalma, seppur ci sia un’ostacolo forse un po’ difficile da superare: i capitoli lunghi e le scene un po’ “allungate” disturbano un po’ le lettura, rendendola lunga, prolissa, seppur le poche pagine. Forse, con scene un po’ più ricche di azione, la lettura sarebbe stata più agiovole.
Togliendo questo piccolo ed insignificante neo, e proseguendo con la lettura, prestando la giusta attenzione potrà destare il vero e proprio interesse.

Ringrazio la casa editrice per la copia omaggio e la bookrepubblic per la proposta.

Collaborazione con Sperling – L’amico Immaginario [ Stephen Chbosky ]

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Titolo: L'amico Immaginario.
Autore: Stephen Chbosky
Anno di prima pubblicazione: 2019.
Editore: Sperling&Kupfer.
Pagine: 640.
Stelle: ☆☆☆/5.
Prezzo di copertina: € 19,90.

Trama:

Mill Grove è una tranquilla e isolata cittadina della Pennsylvania: solo una strada per arrivare, solo una per andarsene. A Kate Reese sembra il luogo ideale per fuggire da un compagno violento, far perdere le proprie tracce e ricominciare una nuova vita. Lo deve al suo bambino, Christopher, che ha solo sette anni ma sa già quanto il mondo dei grandi possa far male. In quella nuova casa, tutto sembra andare a meraviglia: Christopher incontra nuovi amici, Kate trova un nuovo lavoro. Ma poi, all’improvviso, Christopher scompare. Per sei lunghissimi giorni, nessuna traccia di lui. Finché, una notte, il bambino riemerge dal bosco di Mission Street, al limitare della piccola città. È illeso, ma profondamente cambiato. Nessuno sembra accorgersene; solo sua madre sospetta qualcosa, perché Christopher, che ha sempre faticato a scuola, di punto in bianco prende ottimi voti ed è un vorace lettore. Ma nemmeno lei può immaginare tutta la verità. Christopher ora sente una voce in testa, e vede cose che agli altri sono impercettibili. Conosce i segreti del passato, inghiottiti dal bosco di Mission Street; quelli del presente, celati dietro le facciate rispettabili della città. Conosce il futuro tragico che sta per abbattersi su tutti loro. Non può parlarne a nessuno, nemmeno a sua madre, o lo prenderebbero per pazzo. Ma può e deve compiere la missione che quella voce amica gli detta: costruire una casa nel bosco, prima che arrivi Natale. Altrimenti, per sua madre, i suoi amici e l’intera città, sarà la fine. Dopo “Noi siamo infinito”, Stephen Chbosky torna con un romanzo da brivido in cui il delicato passaggio dall’infanzia all’età adulta si compie attraverso una battaglia epica tra bene e male. Una storia in cui gli eroi sono coloro che non temono di abbandonarsi al potere dell’immaginazione.

Opinione personale:

Quando presi in mano L’amico Immaginario un po’ me lo aspettavo. Sarà il nome troppo simile, sarà la trama rassomigliante e anche il genere, ma quel che mi è parso è stata un’emulazione del caro Stephen King.

In 600 e passa di pagina, Stephen Chbosky ci racconta di un ragazzino che, involontariamente, si perde nei boschi. Per giorni risulta essere introvabile, finché una ragazza, in auto, non lo vede uscire proprio da quei boschi. Ma con sè non porterà solo il terrore, ma anche qualcos’altro.

Ebbene, per quanto la trama sia attraente e interessante – e per quanto, in realtà, lo sia anche – credo che L’amico Immaginario sia ben adatto a pochi lettori e – forse – agli adolescenti amanti del brivido; in primis, risulta essere eccessivamente prolisso. Scene che, probabilmente – e sempre a parer mio – potevano essere in qualche modo evitare, per restringere la storia e renderla più fluida, semplice nella lettura e meno pesante; secondo, trovo sia un po’ troppo confusionario: troppi personaggi anche solo per ricordarli, intrecci e sicuramente la somiglianza con King non può che rovinarne maggiormente la lettura.

Sicuramente, non posso che consigliarlo ad un pubblico amante dell’horror ma anche del fantasy, ma anche a chi non ha “paura” di uno stile che tira un po’ per le lunghe.

Declaimer: ringrazio la casa editrice che mi ha fornito la copia.

Libro – La casa delle voci [ Donato Carrisi ]

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Titolo: La casa delle voci.
Autore: Donato Carrisi
Anno di prima pubblicazione: 2019.
Editore: Longanesi.
Pagine: 397.
Stelle: ☆☆☆,5/5.
Prezzo di copertina: € 22,00.

Trama

Pietro Gerber non è uno psicologo come gli altri. La sua specializzazione è l’ipnosi e i suoi pazienti hanno una cosa in comune: sono bambini. Spesso traumatizzati, segnati da eventi drammatici o in possesso di informazioni importanti sepolte nella loro fragile memoria, di cui polizia e magistrati si servono per le indagini. Pietro è il migliore di tutta Firenze, dove è conosciuto come l’addormentatore di bambini. Ma quando riceve una telefonata dall’altro capo del mondo da parte di una collega australiana che gli raccomanda una paziente, Pietro reagisce con perplessità e diffidenza. Perché Hanna Hall è un’adulta. Hanna è tormentata da un ricordo vivido, ma che potrebbe non essere reale: un omicidio. E per capire se quel frammento di memoria corrisponde alla verità o è un’illusione, ha disperato bisogno di Pietro Gerber. Hanna è un’adulta oggi, ma quel ricordo risale alla sua infanzia. E Pietro dovrà aiutarla a far riemergere la bambina che è ancora dentro di lei. Una bambina dai molti nomi, tenuta sempre lontana dagli estranei e che, con la sua famiglia, viveva felice in un luogo incantato: la «casa delle voci». Quella bambina, a dieci anni, ha assistito a un omicidio. O forse non ha semplicemente visto. Forse l’assassina è proprio lei.

Opinione Personale

Chi non conosce Carrisi? Ormai sono davvero in pochi, io stesso lo conobbi poco tempo fa che, a dieci anni dalla sua uscita – e di più – mi sono convinta a leggere Il Suggeritore.
E’ un autore sicuramente di gran talento, a cui non sono dovute le presentazioni. Per cui, per quanto il maestro Carrisi vanti di avere tutto il mio rispetto, ne Le casa delle voci, forse, mi aspettavo un pò di più.

Pietro Gerber è uno psicologo per bambini, L’addormentatore di bambini, per la precisione; cerca nei bambini addormentati ciò che non quadra. Lo fa bene, ama il suo lavoro. Ma, un giorno, una donna dall’altra parte del mondo lo chiama chiedendogli un immenso favore: incantare e addormentare una donna. Una donna che sembra aver ucciso il suo fratellino, quando era una bambina.

Sicuramente La casa delle voci ha il potere di attirare, attrarre e di farsi leggere veramente in maniera velocissima, e per due semplici motivo: prima di tutto per lo stile, molto semplice, poco articolato; con poche parole, descrizioni e capitoli brevi – ma non eccessivamente, così come non eccessivamente lunghi – Carrisi riesce a mostrare ciò che vuole mostrare. Se ne percepisce il panico, e i colpi di scena non mancano nemmeno fra le righe un po’ ridotte. L’altro motivo è, sicuramente, la curiosità che riesce ad instaurare: capitolo dopo capitolo, l’autore riesce a donare al lettore un pezzo dopo l’altro, ma non abbastanza da lasciargli captare un finale che stordisce il lettore. Un finale che lo soddisfa, senz’altro.

E per quanto questi punti giochino sicuramente a favore di Carrisi e di quest’ultimo capolavoro, personalmente mi aspettavo qualcosa di più: mi sembra che l’autore si sia quasi trattenuto. La sua indole cupa esce, e si nota, ma non come vorrebbe ogni lettore, e non come l’abbiamo già conosciuta. In ogni caso, La casa delle voci, resta un bel racconto ben architettato e appagante, che intrattiene fino alla fine. Lo consiglio ad amanti e non amanti del genere, ma personalmente, non lo darei in mano a chi non ha mai letto nulla dell’autore.

Collaborazione con Piemme – Il mio nome era Anastasia [ Ariel Lawhon ]

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Titolo: Il mio nome era Anastasia.
Autrice: Ariel Lawhon.
Anno di prima pubblicazione: 2019.
Editore: Piemme.
Pagine: 432.
Stelle: ☆☆☆☆☆/5.
Prezzo di copertina: € 19,50.

Trama

Era il 16 luglio del 1918 quando i tumulti che scuotono la Russia dopo la Rivoluzione d’Ottobre prendono forma in uno degli atti più violenti che la storia dell’impero ricordi: l’esecuzione a sangue freddo dell’intera famiglia dello zar Nicola II Romanov. Sua moglie e i suoi figli furono tutti freddati a colpi di fucile nei sotterranei della casa di Ekaterinburg dove erano agli arresti domiciliari. Nessuno sopravvisse, o almeno così si pensò.È il 17 febbraio del 1920 quando una giovane donna viene ritrovata a Berlino, in un canale, vicina alla morte per assideramento. In ospedale, ormai salva, i medici scoprono che il suo corpo è ricoperto di orrende cicatrici. E quando finalmente la donna apre bocca, sarà per dire il proprio nome: Anastasia. In molti non le credono: per loro è solo Anna Anderson, una polacca emigrata in Germania, a cui interessa soltanto la fortuna della famiglia zarista. Ma in Europa comincia a diffondersi, tra reali in esilio e circoli dell’alta società, la voce che la giovane Anastasia sia sopravvissuta. Che la figlia più piccola dello zar Nicola II e della zarina Alessandra, la spericolata bambina che tutti amavano, sia ancora viva.

Opinione Personale

Chi, da bambini, non è rimasto incantato di fronte al cartone animato di Anastasia? Una donna, una stracciona, che per caso finisce dentro un palazzo e ricorda delle foto, e viene trovata da un giovane che in lei rivede la piccola principessa smarrita. Una favola, una storia che ci ha affascinati abbastanza da restare fedeli a quella che, a tutti gli effetti, è finita per essere una leggenda, e a credere che la Granduchessa Anastasia sia viva.

Ebbene, sarà questo che mi ha spinto a leggere Il mio nome era Anastasia, ma mai scelta fu più giusta. Per quanto il tema usato e riusato possa provocare curiosità e, allo stesso tempo, essere restii a cadere in certe trappole, posso assicurarvi che il romanzo di Ariel Lawhon affascina, seduce e, infine, tramortisce.

Il mio nome era Anastasia racconta la storia – per certi versi romanzata, ma che induce a credere sia la realtà dei fatti, e lo spiega anche la donna nelle sue note – di Anna Anderson, la quale, fino agli anni ’80 (anni della sua morte) è ostinata a presentarsi come Anastasia Romanov, figlia dello zar Nicola Romanov. Lo stile usato – semplice e armonioso, ma deciso e crudo – prende alla gola, ma lo stratagemma messo su queste righe, per portarci ad un finale – a cui ci si può giungere da soli a qualche pagina dalla fine – non stravolgente, ma d’impatto, è sensazionale. Lawhon ci racconta due storie separate ma collegate: la storia di Anastasia Romanov va avanti, dagli anni in cui scoppiò la rivoluzione russa, alla fine della dinastia dei Romanov; quella di Anna Anderson, invece, ci viene raccontata all’inverso: dagli anni della sua vecchiaia sino agli anni in cui tutto cominciò.

Grazie all’abilità dell’autrice, il mistero avvolge di curiosità il lettore e lo riempie di una frenesia tale che poco si riesce a trattenere: la voglia di andare avanti, continuare, cercare di scoprire la verità. Ma non è tanto quella a tramortirci, quanto invece, un finale che grida “the end”. Perchè quando si finisce Il mio nome era Anastasia, a circondare il lettore, sarà il vuoto e il dolore di aver concluso questa storia, tanta è la voglia di non concluderla mai. E alla fine, l’affetto che si prova per i personaggi è così tanta da avere l’impressione di averli conosciuti per davvero.

Non posso che ringraziare l’autrice per questo magnifico romanzo, ma mi urge anche ringraziare la casa editrice per avermi permesso di leggerlo.

Collaborazione – Il gioco del silenzio [ Rob Keller ]

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Titolo: Il gioco del silenzio.
Autore: Rob Keller.
Anno di prima pubblicazione: 2019.
Editore: Dea Planet.
Pagine: 330.
Stelle: ☆☆☆/5.
Prezzo di copertina: € 16,00.

Trama

Cristina era una criminologa, forse la migliore, ma ha lasciato la professione per occuparsi a tempo pieno di suo figlio Leone, che soffre di un disturbo di iperattività. Ma questa è solo la versione ufficiale, che ha creato per ingannare persino se stessa. La verità è che l’ultimo caso della sua carriera l’ha letteralmente distrutta, costringendola a cambiare vita e a rifugiarsi in una routine scandita da rigorose abitudini. Poi, un giorno, il telefono squilla. Uno zio a lei molto caro si è suicidato, nel paese sul lago di Como dove è cresciuta e dal quale è fuggita molti anni prima. Troppi incubi, troppi fantasmi, per Cristina, in quelle acque scure e profonde. Tornare sul lago significa ritrovare suo padre, con il quale ha un rapporto tormentato, e soprattutto rimettere piede nella Villa degli Orologi, la spaventosa tenuta dalla quale i Radlach controllano non solo gli affari di tutta la zona, ma anche le vite di chi vi abita. La donna resiste con ogni forza alla tentazione di indagare sulla morte dello zio, perché intuisce che la verità si annida nel groviglio di segreti che lega la storia della sua famiglia a quella dei Radlach. Ma quando Leone troverà in soffitta un orologio da taschino con una misteriosa dedica, diventerà impossibile non aprire il cassetto doloroso dei ricordi.

Opinione personale

Ciò che si nasconde dietro – o dentro – Il gioco del silenzio è un thriller pieno di intrighi, di quelli che appartengono alle famiglie; segreti vecchi di decenni e decenni, mantenuti e tenuti per sè fino al momento della morte.
Il gioco del silenzio, visto in questo modo, mi ha incuriosito parecchio, ma la curiosità è andata scemendo pagina dopo pagina.

Cristina è costretta a tornare al suo paese. Un suo zio è morto, apparentemente suicida. Eppure, suo padre insiste che non è affatto un suicidio, piuttosto si tratta di omicidio. Che sia così? E cosa si nasconde dietro la famiglia più importante del paese?

Per quanto la trama accattivante e la curiosità nel leggero, ho riscontrato ne Il gioco del silenzio uno stile abbastanza impersonale: Keller racconta la vicenda di Cristina con una narrazione sicuramente fluida e che scorre piacevolmente, ma non riesce a soddisfare il lettore. Le scene sono veloci, non vi è tempo di abituarsi ad una che immediatamente ne sopraggiunge un’altra, e la parte visiva pare non esserci completamente; d’altra parte, però, abbiamo una storia che merita, che incuriosisce e trasportare il lettore fra gli intrighi, con quei pezzi di puzzle che si ricompone solo alla fine.

Consigliarlo è difficile, ma sconsigliarlo non sarebbe corretto. Il gioco del silenzio può sicuramente piacere a chi è amante degli intrighi familiari, i segreti che restano segregati in una casa ed escono alla scoperto solo dopo tanto – troppo – tempo.

Ringrazio l’ufficio stampa di Francesca Rodella e la casa editrice per avermi omaggiato la copia.

Collaborazione di Harper&Collins – Slanderman [ Anonimo ]

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Titolo: Slanderman.
Autore: Anonimo
Anno di prima pubblicazione: 2019.
Editore: Harper Collins.
Pagine: 350.
Stelle: ☆☆☆/5.
Prezzo di copertina: € 14,90.

Trama

Lauren Bailey è scomparsa. Mentre i suoi amici si disperano e la polizia la cerca freneticamente, Matt Barker, suo compagno nella scuola più esclusiva della città, comincia a sognare alberi minacciosi, cieli in tempesta e qualcosa di oscuro che si avvicina sempre di più. Una figura terrificante, alta, con lunghe braccia, si fa largo nel confine fra realtà e incubo. Un confine che giorno dopo giorno si fa sempre più sottile, fino a scomparire… La leggenda urbana di Slender Man, nata dai sussurri della rete, ha ispirato questa storia inquietante e piena di suspense, che in un crescendo di tensione porterà il lettore a trovarsi a faccia a faccia con la figura mostruosa, senza faccia e dalle braccia e gambe lunghissime, che fa scomparire le persone dopo aver funestato i loro sogni.

Opinione Personale

La leggenda di Slanderman, per chi è fan delle Creepy Pasta, ha terrorizzato la maggior parte di noi. Questo essere in veste elegante, con le braccia lunghe, a cui manca il volto; questa oscura presenza che rapisce i bambini, li induce ad assassinare e li spaventa nei sogni… Impossibile non restarne affascinati e sedotti, seppur restii ad avvicinarsi a creature del genere.
Purtroppo, ciò che potrebbe scaturire inquietudine nel lettore, in questo libro non viene messo in mostra.

Sarà per lo stile – troppo – moderno di cui questo autore Anonimo si è appropiato per scrivere questa storia, sarà il non aver creato l’empatia con i personaggi, sarà non avere avuto delle descrizioni che potessero portarmi a visualizzare le scene, ma ho trovato questo racconto abbastanza impersonale. Per appunto, il libro più che “scritto”, sembra raccontato dalle voci di ragazzi tramite diari, pagine di chat di whatsapp o messaggistiche varie: email, sms e quant’altro. Il tutto, rende molto impersonale la storia, finendo per non scorgere nemmeno un lampo di empatia che il lettore ricerca nel personaggio principale.

Per quanto certe pagine di diario abbiano il potere di scaturire un accenno di curiosità che, alla fine, riesce a portare avanti nella storia – e a suo favore, va detto, la facilità nel leggerlo – trovo che Slanderman sia sicuramente più adatto ad un pubblico di adolescenti; probabilmente di età tra dodici e i quattordici anni o, sicuramente, un adulto in grado di prendere la storia per quel che è: carina, semplice, di compagnia, ma non spaventosa.

Ringrazio la casa editrice per avermi omaggiato la copia e permesso di leggerlo.

Libro – Kill Creek [ Scott Thomas ]

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Titolo: Kill Creek.
Autore: Scott Thomas.
Traduzione: Roberto Serrai.
Anno di prima pubblicazione: 2019.
Editore: Rizzoli.
Pagine: 501.
Stelle: ☆☆☆☆,5/5.
Prezzo di copertina: € 19,00.

Trama

In fondo a una strada sterrata, mezzo dimenticata nel cuore del Kansas, sorge la casa delle sorelle Finch. Per molti anni è rimasta vuota, abbandonata, soffocata dalle erbacce. Adesso la porta sta per essere riaperta. Ma qualcosa, o qualcuno, aspetta nel profondo delle sue ombre, e non vede l’ora di incontrare i suoi nuovi ospiti… Quando Sam McGarver, autore di best seller horror, viene invitato a trascorrere la notte di Halloween in una delle case infestate dai fantasmi più famosa del mondo, accetta con riluttanza. Se non altro, non sarà solo: con lui ci saranno altri tre acclamati maestri del macabro, scrittori che come lui hanno contribuito a tracciare la mappa moderna di quel genere letterario. Ma quella che inizia come una trovata pubblicitaria si trasformerà in una vera e propria lotta per la sopravvivenza. L’entità che hanno risvegliato li segue, li tormenta, li minaccia, fino a farli diventare parte della sanguinosa eredità di Kill Creek.

Opinione Personale

Un horror che sia horror, non deve fare “spaventare”. Un Horror che sia Horror con la H maiuscola deve, prima di tutto, inquietare il lettore; in secondo piano, se riesce anche a far saltare dalla sedia, ci si può alzare ed applaudire allo scrittore.
Scott Thomas, per appunto, è uno di quegli autori a cui regalerei il mio applauso; Kill Creek inquieta, incute timore. Spaventa.

Una casa maledetta e quattro scrittori d’horror. Cosa c’entrano? Nulla, finchè un giovane manate dell’internet non li fa incontrare e propone loro un intervista nella casa più infestata del mondo, nella zona di Kill Creek. Reticenti, accettano. E mai azione fu più sbagliata.

Scott Thomas ha uno stile parecchio “visivo“: i personaggi sono vivi, potrebbero uscire dalla carta e presentarsi al lettore; ogni particolare viene rappresentato con cura ma senza dilungarsi in spiegazioni eccessivamente prolisse e noiose. Tutt’altro. Per appunto, il nostro autore racconta Kill Creek ammaliando il lettore in tutto e per tutto; certe scene descritte sono così vivide da essere rappresentate come alla tv. Scene orribili, scene dove non mancano spruzzi di sangue ed orrore. Scene che portano il lettore a sgranare gli occhi nell’incredulità di ciò che sta per accadere, eppure accade; accade e manda il lettore in fibrillazione, lo riempie di adrenalina e, infine, lo soddisfa. Dall’inizio alla fine.

L’unica nota negativa che ho trovato – sempre che di negativa possiamo parlare – sono le scene finali; descrizioni sempre impeccabili, ma trovo prima di tutto che siano… troppe, e secondo che siano troppo attaccate l’un l’altra. Ma Scott Thomas si fa perdonare benissimo con un finale che scoppierà nel cuore di chiunque impugni questo libro, facendogli scivolare via il sollievo goduto dal personaggio per innescargli una nuova ondata di angoscia e paura.

Consigliato?
Ovviamente , ma solo a chi ha lo stomaco forte e non soffre di attacchi d’ansia, panico e di cuore. Per gli amanti del Horror, sarà un delizioso banchetto di natale.

Libro – Le origini del male [ You-Jeong Jeong ]

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Titolo: Le origini del male.
Autrice: You-Jeoung Jeoung.
Traduzione: M. Gardella.
Anno di prima pubblicazione: 2019.
Editore: Feltrinelli.
Pagine: 281.
Stelle: ☆☆☆☆☆/5.
Prezzo di copertina: € 17.50.

Trama

Yu-jin si sveglia una mattina nel proprio letto ricoperto di sangue. Non solo il suo corpo, ma tutta la stanza ne è imbrattata. Lui non ricorda quasi niente della notte appena trascorsa, solo di essere uscito a correre per distendere i nervi. O meglio, di essere sgattaiolato fuori di casa visto che sua madre non deve sapere delle sue scappatelle notturne. Yu-jin ha ventisei anni e vive con lei e il fratello adottivo Hae-jin in un appartamento all’ultimo piano di un residence di Gundo, nella moderna periferia di Seul. Da quando sono morti il padre e il fratello maggiore, Yu-jin segue una terapia di psicofarmaci che tiene a bada l’epilessia di cui soffre, ma che gli procura terribili effetti collaterali: emicranie atroci, acufeni, attacchi di rabbia. E vuoti di memoria. Ecco perché non ricorda cosa sia successo per ritrovarsi in quello stato. Quando cerca di ricostruire gli eventi della notte precedente, Yu-jin, esplorando l’appartamento, trova in cucina il cadavere della madre con la gola tagliata, e quando poi un orecchino di perla gli scivola fuori dalla tuta indossata per correre, Yu-jin è terrorizzato.

Opinione Personale

Talvolta, nella lettura, sono reticente: non avevo mai messo in conto che, anche gli orientali, sapesse buttare giù dei thriller così affascinanti, con scene così vivide da scioccare paragrafo dopo paragrafo. Ma considerando che sono i maestri degli horror… avrei dovuto immaginarlo!

Yu-Jin si sveglia una mattina; al telefono c’è suo fratello, gli dice che ha provato a chiamare la loro madre ma non risponde. Seppur ciò turbi il giovane, c’è dell’altro che lo “distrae”: il suo corpo è interamente coperto di sangue. E non è il suo.

Le origini del male è un viaggio nella mente di un giovane protagonista, di appena ventisei anni; sarà, per appunto, Yu-Jin in prima persona a raccontare e, assieme alle sue “scoperte”, a quelle risposte a domande poste attimo dopo attimo cercando di capirci qualcosa di quella situazione, verranno fuori indizi che ci faranno intendere ciò che, per davvero, è accaduto nella vita del ragazzo. E’ sicuramente fra i pochi che descrive così bene la mente umana, che ci fa vivere il disagio di una malattia, così come i ricordi sfocati e le reazioni che qualunque essere umano potrebbe avere.
E c’è solo una parola per definire questo romanzo, ed è agghiacciante. Dal risveglio di Yu-Jin, fino alla fine, ci si ritrova capultati in una storia che ha dell’insano; l’autrice ha uno stile accattivante, che intrattiene – e trattiene – il lettore: le descrizioni e le scene si evidenziano così bene non solo da averle dinanzi agli occhi ma da raggelare completamente.

Consigliatissimo, ma solo ad un pubblico incline al genere; specialmente se amate l’horror, è un libro che vi coglierà di sorpresa capitolo dopo capitolo.